L’ascesa del Myanmar nel settore del tessile e dell’abbigliamento
A cura dell’Italian Desk di Dezan Shira & Associates
Con la recente entrata in vigore della nuova Legge sugli Investimenti, il Myanmar sta dimostrando il suo continuo impegno ad attrarre gli investimenti stranieri. In seguito alla riapertura economica avvenuta nel 2012 e ad alcune riforme iniziate nell’anno precedente, il Myanmar ha ricevuto significativi rialzi in investimenti diretti esteri (Foreign Direct Investments, FDI), raggiungendo un picco di USD 9,5 miliardi nell’anno fiscale 2015/2016. Per fare un confronto, l’ammontare totale di FDI nel 2009/2010, anno precedente alla caduta del governo militare, arrivava soltanto a USD 329,6 milioni. Mentre il petrolio, il gas e l’energia restano i settori con le maggiori entrate di FDI, gli investimenti nel settore manifatturiero stanno rapidamente guadagnando terreno, salendo dai soli USD 33,2 milioni ad oltre USD 1 miliardo nello stesso periodo e raggiungendo USD 1,8 miliardi nel 2014.
Dal momento che la Cina sta tentando di specializzarsi in una produzione di alto livello, il conseguente aumento dei salari nel Paese ha portato numerosi produttori del settore dell’abbigliamento a cercare di investire altrove. La Cambogia e il Vietnam si sono già fatte spazio come valide alternative e ora il Myanmar si sta gradualmente inserendo in questa competizione.
Le esportazioni di vestiario sono salite dai USD 337 milioni del 2010 ai USD 1,46 miliardi del 2015. Ora che le sanzioni economiche da parte dell’Europa e degli Stati Uniti sono state revocate, l’Associazione birmana dei produttori di vestiario vuole incrementare le esportazioni fino a USD 12 miliardi entro il 2020. Così facendo si creerebbero circa 1,25 milioni di nuovi posti di lavoro, un’impennata rispetto alle 250.000 di persone che attualmente lavorano nel settore.
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La revoca delle sanzioni dall’Europa e dagli Stati Uniti
Prima del 2011, il Myanmar soffriva per le pesanti sanzioni imposte fin dal 2003 da diversi paesi, tra i quali Europa e Stati Uniti. Le sanzioni includevano il blocco dei visti, le restrizioni sui servizi finanziari, i freni alle importazioni, i divieti sui nuovi investimenti nel Paese e i vincoli alla ricezione di aiuti statunitensi. Così il Myanmar aveva fatto forte affidamento sulle esportazioni di vestiario verso Giappone e Corea ai quali, a titolo di esempio, nel 2014 esportava rispettivamente a un tasso pari al 38% e 31% delle sue esportazioni totali di vestiario.
Tuttavia, grazie alle riforme, la maggior parte delle sanzioni è stata revocata. Nel 2013 infatti l’Unione Europea ha revocato tutte le sanzioni economiche – escluse quelle sulle armi – e ha concesso il regime doganale preferenziale conosciuto come Sistema delle Preferenze Generalizzate (SPG), che prevede che il Myanmar sia esente da dazi e quote nell’accesso al mercato europeo.
Anche gli Stati Uniti, in seguito alla visita nel settembre 2016 dell’allora presidente Barack Obama, hanno derogato quasi tutte le sanzioni precedentemente imposte.
Tutto ciò ha contribuito a creare nuove opportunità per gli investitori stranieri. Inoltre, la nuova Legge sugli Investimenti ha eliminato le discrepanze tra leggi per gli investitori locali e quelle applicate agli investitori stranieri, offrendo allo stesso tempo diversi incentivi relativi alla tassazione e ai diritti d’uso del suolo.
In questo modo viene aperta la strada a quegli investitori stranieri che sono alla ricerca di nuove opportunità nella produzione manifatturiera a buon mercato.
La crescita esponenziale nelle esportazioni di vestiario
Il valore delle esportazioni birmane del tessile e dell’abbigliamento è decisamente aumentato dal 2010 e ora conta per il 10 per cento delle entrate totali derivanti dalle esportazioni. L’Associazione birmana degli imprenditori del settore dell’abbigliamento ha fissato come obiettivo il raggiungimento dei 2 miliardi in esportazioni entro il 2020, pertanto il numero di lavori dovrebbe essere destinato ad aumentare sistematicamente da circa 230.000 nella metà del 2015 ai 1,5 milioni nel 2020.
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La concorrenza regionale
Nonostante una così rapida crescita, la quantità delle esportazioni birmane non riesce a tenere il passo degli altri concorrenti nel Sud-est asiatico. Nel settore dell’abbigliamento, il Vietnam ha registrato USD 28 miliardi di esportazioni nel 2015, mentre le esportazioni della Cambogia hanno totalizzato USD 5,7 miliardi nello stesso anno. Così, pur vivendo un periodo di forte crescita, il Myanmar ha ancora un lungo cammino da percorrere prima di raggiungere simili livelli.
Per contro, il salario minimo in Myanmar è significativamente inferiore rispetto a quello vietnamita e cambogiano. La Cambogia ha recentemente fissato il salario minimo del 2017 per i dipendenti nel settore dell’abbigliamento a USD 153 mensili, superiore rispetto ai USD 140 del 2016, mentre nel 2016 il salario minimo mensile vietnamita è oscillato dai USD 107 ai USD 156, a seconda dell’area.
Il salario minimo birmano di soli USD 67 rende il Paese più competitivo rispetto alla Cambogia e il Vietnam, risultando una destinazione attraente per la produzione del settore dell’abbigliamento, come dimostra la presenza sul territorio di grandi produttori come GAP, H&M, Marks & Spencer e Primark.
Le questioni relative ai diritti umani e le prospettive future
Nel contesto dell’industria manifatturiera in Myanmar, è importante esercitare correttamente la debita diligenza nella selezione degli impianti di produzione in modo da evitare problemi legati a violazioni di diritti umani. Nell’agosto 2016, destò scalpore la notizia che le fabbriche birmane della società svedese H&M impiegavano lavoratori di quattordici anni per oltre dodici ore lavorative giornaliere, sei giorni alla settimana. Si tratta purtroppo di un fenomeno non infrequente nel Paese e, di conseguenza, gli investitori devono assicurarsi che pratiche di tale entità non si verifichino all’interno delle proprie fabbriche. Bisogna anche tenere conto che, con la recente apertura economica, il Paese presenta ancora un mercato per così dire immaturo, costituito principalmente da piccole attività a gestione familiare rappresentanti l’83 per cento dell’economia totale. Anche le infrastrutture e il sistema bancario, sebbene ottimizzati, sono ancora relativamente sottosviluppati. Perciò, dal momento che trovare i giusti partner può risultare difficile, la pazienza è l’atteggiamento chiave per agire in questo Paese.
Per concludere
Il Myanmar ha intrapreso un percorso promettente ed è senza dubbio destinato a sostenere alti livelli di crescita nel settore manifatturiero dell’abbigliamento grazie alle sanzioni economiche revocate e alla nuova Legge sugli investimenti. Il governo è continuamente alla ricerca di investimenti stranieri e un cospicuo numero di grandi produttori è infatti già entrato nel Paese grazie ai livelli salariali inferiori a quelli delle altre economie dell’ASEAN come Vietnam e Cambogia. Negli anni a venire sono previsti sempre maggiori produttori, confermando così la progressiva affermazione del Myanmar come nuovo attore nel settore manifatturiero dell’abbigliamento.
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